L’ultima maschera
Un attore che recita a braccio
costretto a cambiare continuamente ruolo agendo dentro tutte le maschere della
commedia. Finito lo spettacolo si ritira nel suo camerino appartato ed esce
dalle parti spogliandosi nudo…che cos’è?
Cerco di immaginarlo per
comprenderlo nell’idea mentre vado ad aprire. Nella sala il bidone dorme, dalla
sua gola prorompe un russare fragoroso, non deve aver sentito il campanello.
Fuori dalla finestra si vede il nuovo giorno che sta per sorgere intanto il
ragionamento continua, se non è attore è autore ma l’autore, in questo caso, come
fa a sapere di non recitare?
La domanda è imbarazzante, per
non disturbare il bidone apro dalla porta di servizio.
Nel corridoio c’è un piccolo
drappello, una suora nera col tricorno grassa e squadrata, una bianca con il
velo magra e filiforme, due infermiere con la cuffia di mezza età piuttosto
nerborute, un prete anziano, grigio e stempiato con aspersorio ed acquasantiera
ed un chierichetto alto e muscoloso, curvo come un gorilla con un grosso
crocifisso nodoso in mano.
Non deve essere proprio così ma
per presupposto facciamo che lo sia.
Sono piazzati davanti alla porta
principale, per non sembrare offensivo fischio e li invito a spostarsi. La
suora nera procedendo gli altri si piazza davanti e chiede:
“È lei che ha chiesto
assistenza?”
“Sì, è davvero un caso
eccezionale, ho in casa il padrone del mondo, me lo hanno lasciato per poche
ore ma non sono ancora venuti a prenderlo…”
La suora mi interrompe dicendo:
“Non dica nulla, ci hanno telefonato dal Vaticano, ho parlato con il papa in
persona, sappiamo tutto. Il nostro ordine mi ha inviata per gli accertamenti di
prassi, noi abbiamo un regolamento da rispettare e prima di intervenire
dobbiamo essere sicure che ogni cosa corrisponda ai requisiti necessari.”
“Capisco.” rispondo, “ogni Arte
ha le sue cerimonie, noi ad esempio fumiamo canne e beviamo birra, una volta
usavo il whisky, quando ero giovane.”
“Non faccia lo spiritoso!”
ribatte la suora imperturbata.
Ruminando in sottofondo
insospettito da quell’inaspettato interesse del papa li invito ad entrare.
Per primi passano il prete con il
gorilla per benedire il salottino d’ingresso, quindi tutte le altre.
La suora siede al tavolino che
appare lì per lì, estrae dei fogli da una cartella, mi chiede le generalità ed
inizia a compilare un modulo.
“Lei vive solo?”
“Sì, sono tutto qui.”
“La devo avvertire che noi non
permettiamo interferenze con i metodi che adottiamo per curare i malati, se lei
accetta le nostre clausole dovrà astenersi da qualsiasi intervento in
proposito.”
“Non si preoccupi, gli scrittori
sono buoni psicologi, non ho bisogno di conoscere ne il perché ne il percome.”
Termina di compilare chiedendomi
di rispondere ad altre domande cretine, mi fa versare cinquemila euro per
cauzione della prima settimana, firmo quindi si alza e dice: “Ora ci mostri il
paziente.”
“L’ho lasciato che dormiva, è
grosso, forse verranno a prenderlo tra poco ma non so come faranno, non esce
dalla porta, per quello lo hanno lasciato, fate piano, se si sveglia…”
Apro la porta della sala. Una
zaffata di merda precede la vista, il bidone si è appena svegliato, seduto su
se stesso si sta stropicciando gli occhi cercando di guardare nella nostra
direzione.
Il prete, velocemente, benedice
la sala spruzzando acqua in ogni direzione quindi si ritira per far passare la
suora nera.
Questa decisa si piazza davanti
al bidone a braccia incrociate e facendo dondolare il tricorno chiede: “Ti sei
svegliato pigrone?”
Il bidone, con voce impacciata, risponde:
“Madre, è venuta?…non sono pigro, lo sa, è che…che piacere vederla…”
La suora continua: “Guarda come
ti sei ridotto, sei tutto immerdato, adesso chi ti pulirà?”
“Madre…lei lo sa, sono così…se
potessi…”
“Non dire niente, tutte scuse, non
cambi mai, un fracassone ma adesso sono venuta e penserò io a te, lo sai che ti
voglio bene.”
“Madre, anch’io le voglio bene ma
adesso mi è venuta fame, ha portato la colazione?”
“Maleducato! Pensi sempre e solo
a mangiare, prima si dicono le orazioni e poi mangerai.”
“Madre…un bue coi maialini, me lo
ha promesso, io…”
“Cos’è questa storia del bue?” mi
chiede la suora tornata nell’antisala.”
“Un’idea, lo porteranno a
mezzogiorno, se vuole può favorire anche lei.”
“Nessun bue” strilla stizzita.
Il bidone si alza in piedi in
tutta la sua potenza e ringhia minaccioso: “Come sarebbe nessun bue? Lo voglio
ed anche i maialini!”
La suora lo guarda, rimane
qualche secondo pensosa e dice: “va bene, per questa volta…” poi mi artiglia un braccio e mi trascina
lontano dicendo sottovoce: “D’ora in avanti saremo noi a decidere del suo vitto,
se lei vuole la nostra assistenza noi…”
La suora continua a parlare, intanto
mentalmente prendo nota del fatto che anche loro, posta la necessità, agiscono
per effetto e ne deduco che sarà facile intenderci.
Finito il sermone si fa indicare
dov’è il bagno e la cucina, li fa benedire dal prete, si inginocchia con le
altre in un angolo in disparte di fronte al crocifisso facendosi benedire a
loro volta quindi il prete ed il gorilla escono di scena e suore ed infermiere
entrano nella sala chiudendo la porta.
Il computer passa, ovest apre di
uno quadri, in mano ho asso settimo con re e fante a cuori, re terzo a quadri, regina
terza a picche e nessun fiori, dichiaro uno cuori, uno sopra l’apertura per la
licitazione che vuol dire che ho un bel gioco. Est passa, il socio annuncia uno
senza di passaggio per dire che non ha niente, ovest salta a due senza a cui
rispondo con un tre cuori. In attesa della licita di est ragiono: “Questa
smazzata è nuova, le carte interessanti, divertiamoci. Ho passato la notte
insonne e non ho sonno, forse dormivo sognando di stare sveglio. In casa non
bastava il padrone del mondo, adesso ci sono anche le suore, si inizia e poi
non si sa mai dove si andrà a finire, che me ne faccio? Le probabilità mancano
d’esperienza, non ne ho mai studiata una da vicino. Stando a quel che scrive
quel galletto di Stendhal nei conventi un tempo ci chiudevano le figlie in
esubero dei ricchi e ne succedevano di cotte e di crude, ne parla anche il
Boccaccio ed anche lui non scherza…”
Est dichiara quattro fiori, deve
avere il palo, il mio socio passa ed ovest va a cinque fiori. Cinque fiori sono
tante, in mano non ne ho neanche una, se passo gli lascio il gioco e perdo una
partita interessante, se dichiaro rischio di andare sotto, dichiaro cinque
cuori, est ed il socio passano e…
“Ci sono anologie con il culto di
Vesta degli antichi romani, in questo caso custodivano il fuoco e se rompevano
il voto di castità venivano seppellite vive, il mito ha origini antiche, la
Estia dei greci e le varie personificazioni della dea madre tutte in qualche
modo collegate al culto ctonio di Persefone ed alla pitonessa di Delfi.
Scendendo nel tempo le
congregazioni religiose femminili non praticavano la castità anzi, le menadi di
Dioniso si divertivano a sbranare uomini e bestie.
Siamo in un manicomio, di certo
sono pazze, le informazioni della storia trascinano le incertezze delle
manipolazioni di potere e non ci si può fare affidamento, nel linguaggio
tramandato si trova di tutto, dalla mona-ca alla sfiga, i filmini porno
sguazzano sulle storie di suore porche e c’è l’abitudine di toccarsi i coglioni
quando se ne incontra una, chissà da quanti secoli.”
Est dichiara sei fiori, non è
possibile, ho quattordici punti, non può avere gioco per un mini slam. Sta
bleffando per farmi alzare! Nell’ultima partita mi sono fatto trascinare
dall’impeto di voler giocare a qualsiasi costo da protagonista, forse è proprio
quello che si aspetta il computer, se dichiaro sei cuori è certo che vado sotto,
ho due assi scoperti, se passo invece ho buone probabilità di vincere, perché
no? Lasciamo giocare i sei fiori. Contro, ovest ed il socio passano, est
surcontra…
“La partita è ancora aperta, nella
realtà ci deve essere di tutto un po’, un mondo misterioso quello dei religiosi,
l’abito, la faccia apparente e quel che c’è sotto, la ragione vede grandi
pacchisti far man bassa tra i bischeri e la menzogna di base della logica
nominalista, se il nome è forma l’abito è corpo. Noi siamo solo parole formate
da lettere, nessun pregiudizio, i pazzi sono una specie a sé nella natura.
Un grande peccato inconfessabile
alla base che prende corpo nel pensiero potrebbe essere probabile, storie di
sesso chi lo sa? Le suore che si vedono in giro sono poco appetitose e la
psicologia si muove dall’essere bene della faccia all’essere male del culo, personalità
multiple che convivono nei sogni all’ombra del crocefisso seminudo e del disprezzo
per la donna tramandato dalla bibbia e per estensione da tutte le altre
religioni.
Il fuoco di Vesta è un segno
interessante, la vesta talare, il fuoco consuma l‘energia prodotta dalla
trasformazione del cibo, potrebbe essere qualcosa del genere, la vita intendo.
Non è da sottovalutare l’analogia
con l’organizzazione degli antichi bordelli legati al culto di Venere di cui
sopravvive un esempio nelle bagasce di Kioto, in questo caso la chiesa potrebbe
essere vista come un grande casino sapientemente camuffato di feticisti amanti
del cazzo di cristo ma non si può fare di ogni erba un fascio.”
Passo, la tentazione di
dichiarare sei cuori è stata forte ma ho saputo resistere, questa volta lo
frego stoccazzo di computer.
Non ho tempo per la giocata, suonano
al campanello, dev’essere il rosticciere, andiamo a vedere.
È mattino, dalle finestre aperte
della sala si intravvede un cielo color latte costellato da nuvole plumbee come
macchie di caffè, l’aria profuma di disinfettante, il padrone del mondo è stato
lavato e rivestito e siede su uno sgabello improvvisato sui pezzi del sofà
sbavando verso la porta. Ogni cosa nella stanza è pulita ed in ordine, la
piscina è coperta da un paravento, le infermiere stanno prendendo il caffè in cucina,
la suora bianca è affacciata al balcone e quella nera è seduta al tavolo a
scrivere su un taccuino.
Vado direttamente ad aprire, fuori
c’è il commesso della rosticceria con un carrello fumante di arrosti, ormai
pratico entra e lo spinge nella stanza.
La suora nera si alza strillando:
“Cos’è questa storia?”
“La colazione.” risponde il
commesso.
“Quale colazione?” continua la
suora, “la stavo ordinando or ora, pollo bollito e brodino con le lenticchie!”
“Madre…” interviene il bidone,
“lo sa che il brodo non mi piace…che cosa hanno portato?”
“Ci sono dieci galletti al forno,
cinque stinchi di maiale, un arrosto di vitello e zuppa di rognoni con cipolle
per dieci, come ordinato.”
“E il bue?”
“Quello sta cuocendo nel forno
già da sei ore, sarà pronto per pranzo.”
“Bene!” esclama il padrone del
mondo.
“È inaudito!” ristrilla la suora.
“Madre…” continua il bidone con
voce querula, “non dica così, lo sa che ho la pancia piena di diavoli, se non
mangio quelli mi divorano vivo.”
“I diavoli si combattono con la
preghiera!” ribatte la suora.
“Lo so, io prego ma loro se la
ridono, non se la prenda con me…”
La suora si alza, mi punta un
dito sul petto e ringhia: “Mi dica dov’è il telefono.”
L’accompagno all’apparecchio, lei
solleva la cornetta e chiama il convento. Parla con la badessa raccontandole i
fatti e mentre ascolta la risposta la sua espressione cambia, diventa prima
sorpresa e poi stupefatta.
Riappende la cornetta dicendo:
“E’ la fine del mondo, sono tutti impazziti…per nostro signore Gesù cristo, che
sto dicendo?” si fa il segno della croce, bacia il crocifisso al bordone e
continua: “A quanto pare non ci sono problemi, un ordine del papa ha detto, può
mangiare quello che vuole.”
“Vi dovete conoscere da molto.”
“Chi?”
“Lei ed il padrone del mondo.”
“Non so, c’era già quando presi i
voti.”
Senza dir altro rientra nella
sala.
Il bidone è intento a divorare la
colazione servito dalle infermiere, quando la vede rallenta un attimo di
masticare ma riprende subito. Alla porta c’è il rosticciere che gesticola per richiamare
l’attenzione. Mi avvicino e quello dice: “Sono venuto a dirle del bue, anche i
maialini, tutto cuoce a puntino, è un piacere lavorare per lei.” la sua voce
diventa bisbigliante: “In quartiere gira la voce che lei sta ospitando il
padrone del mondo. È vero?…mi piacerebbe tanto vederlo.”
“Lo guardi, è quello là che sta
divorando le sue portate.”
Il rosticciere rimane qualche
minuto a guardarlo poi si ritrae e dice: “Com’è grosso, deve essere molto
importante.”
“Oh sì, importantissimo, presto
verranno quelli della televisione ad intervistarlo, ne parleranno tutti i
giornali, sarà un caso favoloso, se lei vuole…faccio il pubblicitario, potrei
farla entrare nell’affare.”
“Si spieghi meglio.”
“E’ semplice, s’immagini
l’effetto, il padrone del mondo è servito dalla rosticceria…a proposito, come
si chiama?”
“Carne per i tuoi denti!”
“Bel nome, lei deve essere
intelligente, sa l’importanza di far colpo per attirare i clienti, ne
parleranno tutti i giornali, quando sapranno che il padrone del mondo si serve
da lei verranno tutti a comprare, anche dall’estero, farà milioni a palate!”
Il rosticciere rimane qualche
secondo a guardare le palate per aria e dice: “Quanto mi costerà?”
“Il prezzo, che importanza ha in
confronto all’utile che le verrà in tasca? Si tratta di milioni, dovrà aprire
altre rivendite…guardi, le voglio essere amico, finora mi ha servito bene, uno
spot in televisione di trenta secondi costa cinquantamila euro, questo sarà
trasmesso nei telegiornali e raggiungerà un numero immenso di utenti senza
parlare della carta stampata, le posso fare centomila euro tutto compreso per
la prima intervista e poi se ce ne saranno altre ne riparleremo.”
Centomila euro?…sono tanti, come
faremo, i giornali lo permetteranno?”
“Non si preoccupi, farò in modo che
lo riprendano mentre pranza, metteremo la sua immagine dappertutto, sui piatti,
sul tavolo, sul carrello, sul bavagliolo…non parlerà ma quelli che vedranno
saranno folgorati e correranno a frotte, allargherà la sua vetrina al mondo.”
Il rosticciere rimane qualche
secondo ad osservare le frotte per aria e dice:
“Ho capito…centomila euro sono
tanti, se mi facesse un po’ di sconto, l’idea mi piace…”
“Sconto, quale sconto? Negli
affari chi guarda i centesimi non vede i milioni, se vuole le posso proporre un’alternativa
che le costerà di più ma che pagherà la metà, diventerà il fornitore ufficiale
del padrone del mondo, metteremo l’insegna sul davanzale e si preoccuperà del
suo mantenimento per…diciamo centoventimila euro, lo vede come mangia…”
“Sì…si può fare, ci devo pensare,
anzi, che idea! D’accordo, ci sto, quando verrà la televisione?”
“Presto, mi metto subito al
lavoro per prepararle il progetto, bisogna saper cogliere le occasioni, ha
un’immagine già pronta da esporre o vuole che gliela prepari?”
“Ho l’insegna del negozio, lei
cosa proporrebbe?”
“Ci metterei il padrone del mondo
quando vede il bue, il primo morso con i maialini che si sparpagliano sul
tavolo…resteranno tutti incantati.”
“Se lo dice lei…che immagine…fa
venire fame, sì, proprio quello che ci vuole, allora affare fatto.”
“Non sia precipitoso a decidere, la
devo avvertire che i miei metodi sono imprevedibili e la consiglio di
premunirsi, forse la chiameranno in televisione e sarà costretto a lasciare
temporaneamente il lavoro, faccia in modo che se dovesse accadere l’attività
non ne risenta, avvisi i fornitori che potrebbe avere un aumento delle
ordinazioni e che si tengano pronti, si informi se in giro c’è qualche
rosticceria in vendita per rilevarla in caso di necessità e mi mandi tutto il materiale
che ha stampata la sua immagine, scatole, incarti, biglietti da visita, mi
occorrerebbe anche una copia dell’insegna da mettere in vista.”
“Per quando le occorre?”
“Subito, i giornalisti potrebbero
essere qui a momenti, me la faccia avere insieme al bue.”
“Sì, chiamo subito mio cognato
che fa il cartellonista e ne faccio preparare una, le dispiace se telefono da
qui?…così se dimentico qualcosa mi aiuta.”
“Va bene, andiamo nello studio, saremo
più comodi.”
Ci spostiamo nello studio, mentre
il rosticciere chiama il cognato per ordinare l’insegna preparo un abbozzo di
contratto, finita la telefonata glielo porgo da leggere.
“Devo firmare?”
“Non è necessario, basta una
stretta di mano.”
“Anch’io la penso come lei ma di
questi tempi…allora corro subito in negozio a preparare il resto.”
È agitato dall’idea, lo
accompagno alla porta e ci stringiamo la mano.
“A mezzogiorno servirò il bue.”
dice allontanandosi a passi veloci per il corridoio.
Torno nello studio, come previsto
sotto il contratto ha dimenticato il suo telefonino, adesso si tratta di far
venire i giornalisti a intervistare il bidone…
La vita è un grande teatro che
consuma un sacco di energia ma non bisogna dimenticare che questo è solo un
sogno, una rappresentazione onirica della realtà, una metafora in evoluzione
che cambia faccia ad ogni personaggio.
Nella sala il bidone è ancora
intento a lavorar di ganasce, mancano tre ore a mezzogiorno, devono bastare per
completare l’opera, così per un po’ non mi dovrò preoccupare di come nutrirlo.
La trappola è certa, quel che non è certo è chi ci cadrà dentro.
La suora nera mi viene incontro e
dice: “Noi abbiamo finito, è soddisfatto del lavoro?”
“Siete veramente efficienti.”
rispondo ammirato dall’ordine che regna nella stanza.
La suora continua: “Io ora devo
tornare al convento.” sottovoce: “e là mi sentiranno!” a voce diretta: “La
nostra regola non ammette strappi, non le nascondo la mia…” rimane qualche
secondo pensosa a cercar la parola, non la trova e dice: “Questa è suor
Teresa.” indica la suora bianca. “Lei rimarrà per il resto della giornata ad
assistere il paziente.”
A quelle parole il bidone smette
di masticare per protestare a bocca piena: “Madre, quante volte le devo dire
che non sono malato, non mi chiami così…”
“Sta zitto tu!” ribatte la suora
e continua: Il nostro è un ordine di clausura da cui siamo dispensate per le
opere di carità ma questa dispensa non ci libera del voto e ovunque noi siamo è
il nostro convento. Durante il giorno potrà usufruire del servizio ma per la
notte suor Teresa dovrà rientrare per assistere alle funzioni a meno che lei
fornisca i luoghi per deporre un altare e
il suo pernottamento.”
Quanti problemi, questo sogno va
ad effetto e rispondo. “Capisco perfettamente, il padrone del mondo è una
responsabilità grave è preferirei usufruire dei vostri servizi anche di notte.
Questa casa è grande, negli ultimi anni mi sono ridotto ad un angolino
appartato ed ho dimenticato quanto. Sono certo che troveremo i luoghi adatti ai
vostri bisogni.”
Nella sala, sulla parete di fronte
al balcone, c’è una grossa credenza dietro alla quale c’è una porta che non
apro da…aiutato dalle infermiere sposto il mobile e la scopro. Ragnatele, polvere,
qualche ragno che fugge, la porta è ancora lì, la maniglia arrugginita stenta
ad azionarsi poi con un crac! sordo cede e
si apre.
Sembra un labirinto multiplo, un’esplosione
di dedali da esplorare, accendo un fiammifero e scopro un’ampia stanza che mai
avrei immaginato di avere in casa, una cripta funeraria costellata di tombe
alle pareti con un altare al centro
ricoperto da un drappo bianco su cui svetta uno spettacolare crocifisso,
un cristo bellissimo, il corpo teso nell’agonia, i muscoli contratti dal
dolore.
La suora bianca entra nella
stanza svolazzando la tonaca come una ballerina ed esclama: “Che posto
magnifico, è sempre stato nei miei sogni, com’è bello nostro signore!” si
inginocchia di fronte al crocifisso e rimane estasiata, a bocca aperta a
guardarlo. La suora nera e le due infermiere si inginocchiano a fianco a lei e
per qualche minuto rimangono immobili bisbigliando preghiere silenziose.
Suor Teresa si alza leggiadra e
dice: “Sono certa che qui, da qualche parte, ci deve essere...” si dirige verso
una porticina in ombra e la apre. Oltre c’è una stanzetta, in un flash si vede
lo studio dell’autore mentre scrive poi tutto diventa polveroso ed a polvere
calata appare una cella monacale con un lettino e poche suppellettili.
“Splendido!” esclama suor Teresa.
Intanto ragiono: “La pazzia è
l’in sé di ogni pazzo così come il formicaio è l’in sé di ogni formica se la
formica è nome, se a essere nome è il formicaio in questo caso la forma del
formicaio è la formica e la forma del manicomio è il pazzo.
La causa non è effetto e pendola
tra i poli perché quando è effetto non è causa.
Rientrati nella sala dico: “Ora è
soddisfatta?”
La suora nera, con gli occhi
trasognati in cui ancora si adagia il crocifisso, risponde: “Lei deve essere un
sant’uomo per avere in casa un simile tempio.”
“È la prima volta che lo vedo, se
l’avessi saputo prima…” vorrei continuare dicendo che aborro totem e feticci ma
preferisco passare, ai pazzi si dà sempre ragione e continuo: “L’avrei messa in
ordine per accogliervi con le dovute maniere.”
“Oh…a questo non si preoccupi, ci
penserà suor Teresa. Adesso vado, rimarrà anche un’infermiera per il giorno e
ne verrà un’altra a sostituirla per la notte. Nel pomeriggio tornerà il prete
per benedire e riconsacrare l’altare.”
“Questo pomeriggio sarò assente, se
è possibile vorrei che venisse a
mezzogiorno, mi piacerebbe assistere alla funzione.”
“E’ stato il santo padre ad
intercedere per lei, deve avere le sue ragioni e non spetta a me giudicare il
suo operato, farò in modo che il prete venga a mezzogiorno.”
Il computer è acceso sui sei
fiori di est, gioco una scartina a picche e ovest scopre le carte, a picche ha
asso re dieci cinque e due, donna dieci otto e quattro a fiori, asso donna
dieci e otto a quadri e neanche una cuori. Risponde con l’asso, il mio socio
col sette ed est scarta una quadri, probabilmente l’unica che ha. Ovest gioca
il dieci di fiori, il socio risponde col fante, est copre con l’asso. La
partita è finita, sposto la giocata in automatico e guardo gli avversari farsi
tutte le mani rimanenti. Sei fiori più una surcontrate, in una partita reale
avrei perso un sacco di soldi, chissà perché ho voluto contrare, sono ancora
troppo impulsivo. Mentalmente prendo nota del fatto senza dargli alcuna
importanza, giocare con un computer è poco eccitante, il bridge come la
pubblicità è un gioco per bari incalliti, bleffatori di professione, ladri e
imbroglioni all‘occorrenza anche assassini, così è solo routine programmata, sta diventando
noioso, ci vorrebbe… cerco delle alternative ma sono già le undici, gli impegni
pressano e mi metto al lavoro.
In qualsiasi attività impostata
la causa, cioè la necessità, tutto il resto è effetto, conseguenza.
Il rosticciere è tornato per
cercare il suo telefonino, naturalmente gli ho detto che non c’era, per
rassicurarlo abbiamo rifatto il percorso del mattino chiamandolo dal mio telefono
ma quello non ha squillato perché l’avevo spento.
Adesso prendo venti bigliettoni
da cinquecento euro, li stropiccio un po’ e poi, uno ad uno, li butto dalla
finestra. Dopo qualche secondo da sotto si sente gridare, col telefono del
rosticciere esco senza farmi vedere da nessuno e scendo in strada.
Di fronte alla casa si è radunata
una piccola folla che ne sta lentamente richiamando altra, alcuni nel mezzo
altercano a voce alta, altri stanno arrampicandosi su un albero del viale dove
si sono posate alcune banconote.
Le undici e trenta, dal
marciapiede telefono alla banca più vicina, un’agenzia del san Paolo, e
all’impiegata che risponde dico, con voce alterata scandendo le parole: “Brutta
troia, stanno per rapinare la banca, avverti i tuoi padroni di mettere i soldi
al sicuro.”
Alle undici e quarantacinque
arrivano tre auto della polizia a sirene spiegate e si fermano davanti alla
banca. Gli agenti entrano con le armi spianate seguiti da uno stuolo di
giornalisti, fotografi e cameramen sopraggiunti con loro mentre altra folla si
raduna.
Alle undici e cinquanta dalla rosticceria
escono due garzoni con un carrello su cui è appeso il bue ripieno di maialini e
altri due con l‘insegna del negozio, rasentano la folla stupefatta ed entrano
nel portone insieme al prete ed al chierichetto venuti per benedire.
A quel punto telefono alla
polizia e sempre con voce alterata dico al piantone che risponde: “Aiuto!
Nell’appartamento sotto casa mia stanno violentando una suora, poverina…sentite
come strilla, fate presto!”
“Chi parla?”
“Presto, fate presto!” gli do
l’indirizzo, glielo faccio ripetere per assicurarmi che l’abbia scritto giusto
e aggiungo: “E’ una suorina tutta bianca, indifesa, fate presto, sentita come
strilla!”
Chiudo la comunicazione, butto il
telefonino del rosticciere in un cestino dell’immondizia e rientro in casa, dalla
finestra dello studio aspetto quei pochi minuti per far sì che la polizia e i
giornalisti si spostino dalla banca facendosi largo tra la folla per entrare
nel portone quindi vado ad aprire la porta della sala, fuori dalla quale stanno
aspettando il bue e il prete. Ecco fatto, mi metto in disparte ed osservo il
resto.
I commessi fanno in tempo a posare
sul tavolo del padrone del mondo il bue che nella stanza irrompe la polizia. I
fotografi si sparpagliano fotografando dappertutto, flash puntati soprattutto
sul bidone che ha abbracciato il bue spaventato dalla confusione cercando di
trattenere i maialini fumanti che si sparpagliano sul tavolo mentre i garzoni
dietro sistemano l’insegna del rosticciere.
Lascio che la sorpresa si smorzi
ed intervengo. “Che volete?” chiedo ad un poliziotto.
Quello abbassa la pistola e
risponde: “Ci hanno telefonato denunciando una suora violentata, che sta
succedendo qui dentro?”
“Un pranzo tra amici, qualcuno
deve avervi fatto uno scherzo, la suora c’è ma nessuno la sta violentando.”
indico suor Teresa in un angolo appartato della stanza che osserva la scena a bocca aperta.
Il poliziotto la va a interrogare,
poi parla col prete e torna dicendo: “Ci deve scusare, c’è una folla fuori, anche
noi pensavamo ad uno scherzo ma tutta quella gente…adesso…”
“Nessun problema, son cose che
capitano, avete fatto il vostro dovere.”
“Troveremo quel burlone e gliela
faremo pagare!” esclama il poliziotto convinto.
“Sono certo che lo farete, intanto…”
indico lo stuolo di giornalisti che si è accalcato intorno al bidone
riprendendolo e fotografandolo in tutte le posizioni mentre quello agitato per
la paura che glielo portino via dà morsi al bue ingoiando a grossi bocconi, “liberatemi da quei seccatori che stanno
disturbando il mio ospite.”
“Chi è?”
“È il padrone del mondo.”
Il poliziotto sta qualche secondo
in silenzio rimuginando le parole e dice: “Sì, qualcuno ci ha avvertito, c’era
la voce che girava, quello è il padrone del mondo? Allora tutto è chiaro, ci
deve essere qualche associazione segreta, forse la mafia, faremo di tutto per
rintracciare l’autore delle telefonate.”
Il poliziotto parla con gli altri
poi si dirigono verso i giornalisti intimandogli di uscire ed alle loro
proteste li spingono fuori.
Il ferro va battuto quando e
caldo, nel corridoio li fermo e dico: “Siete entrati in casa mia abusivamente, dovete
consegnare tutte le immagini ed i filmati che avete ripreso altrimenti siete
ladri!”
“Come sarebbe?” strilla uno, “noi
agiamo per la libertà di stampa, tutti devono sapere, quello è il padrone del
mondo, erano anni che lo cercavamo.”
Mi avvicino al poliziotto e dico:
“Cercava i responsabili? Li ha trovati, hanno inscenato la commedia per poter entrare
in casa mia gratis ad intervistare il padrone del mondo!”
Il poliziotto li guarda
sospettoso accarezzando le manette alla cintura ed il giornalista di prima
dice: “Un momento, lei ci accusa impunemente, noi seguivamo la rapina in banca,
non sapevamo…”
“Queste sono solo parole!”
ribatto.
“Lo dice lei, noi, la libertà di
stampa, protestiamo!”
In quel momento suona il
telefonino del poliziotto. Dalla voce concitata che parla al di là dell’etere
pare che approfittando della confusione qualcuno abbia veramente rapinato la
banca, i poliziotti escono di corsa seguiti da metà dei giornalisti, quelli
rimasti mi si fanno intorno ed uno dice: “Senta, non ci si potrebbe mettere
d‘accordo, ha detto gratis, se è solo questione di soldi se ne può parlare, se
mi concede l’esclusiva…chiamo il direttore, se vuole…”
Tralasciando i particolari ci
siamo accordati per cinquecentomila euro, gli ho lasciato riprendere il bidone
mentre divorava il bue e concesso un appuntamento per l’intervista quando
avrebbero portato i soldi. I giornali del pomeriggio e le televisioni
esponevano in prima pagina l’immagine del padrone del mondo ed il bue con dietro l’insegna del rosticciere, questo
aveva il negozio assediato da una folla di compratori affamati, verso le
quattordici la polizia, rintracciato il telefono colpevole, è venuta ad
arrestarlo seguita da uno stuolo di giornalisti che con l’arresto riprendevano
il negozio sotto tutte le angolazioni ma lo hanno rilasciato subito anche
grazie alla mia testimonianza che alle undici era venuto a cercarlo dopo averlo
perso.
Il resto della cagnara che segue
non ha importanza, la vera rapina non l’avevo prevista ma son cose che capitano,
adesso ho rimpinguato le casse e per qualche giorno potrò stare tranquillo, ci
sono un sacco di cose da ficcarci il naso.
Il diavolo
Per la logica pura il nome non è
forma, il diavolo non è dio, la forma del diavolo è dio.
Per il nominalismo il nome è
forma, il diavolo è dio e se è dio non è il diavolo.
Il nominalismo è una logica
accomodante, è e non è secondo i casi soprattutto quando si confronta con
l’evidenza della realtà.
La stessa cosa viene chiamata con
due nomi diversi che assumono forme immaginarie da un giudizio a priori
stabilito per legge e trascendono l’essere reale della cosa che non è dio e non è il diavolo.
Le spiegazioni non servono, per i
matti del manicomio non esiste ragione, l’in sé del nome viene sostituito con
un altro nome e diventa cognome trascinando i morti nei vivi. La credenza prende
corpo ed i pazzi credono di essere…credono e credere non è essere, la credenza
diventa la forma dell’essere rimanendo nome e agisce per imitazione.
È venuta sera, che giornata
infernale.
Via i giornalisti è stata la
volta del prete, suor Teresa ricordandomi la promessa ha voluto che assistessi
alla funzione. I matti vanno sempre assecondati specialmente quando
rappresentano la forza maggiore, l’indecisione non era mia che sono solo un
personaggio letterale ma dell’autore, lui un tempo credeva di non credere ed
adesso vuole divertirsi, vallo a capire stoccazzo di autore, è lui che scrive, non
prendetevela con me.
Visto al di fuori del bene e del
male il mondo dei religiosi ha un certo fascino, le cerimonie, la musica
dell‘organo, i costumi, le scene, la spettacolarità…per la ragione sono tutti
pazzi ma questo non significa niente perché loro credono di non esserlo, non
esseri della ragione, dei robot, una specie a sé. Il difficile è separare
questo mondo di pazzi dal potere di cui sono strumento, difficile nella realtà,
qui siamo solo parole, tra noi siamo tutte uguali, non esistono buoni o cattivi,
belli o brutti, nobili o plebei, puttane o suore e nei limiti delle probabilità
possiamo fare quello che ci pare.
Il sacerdote ha deposto l’ostia
nel tabernacolo sopra l’altare dopo varie genuflessioni e fumo d’incenso, tutte
le candele erano accese, la cappella illuminata era splendida e lugubre insieme,
la vedevo per la prima volta: il soffitto a volta affrescato con scene di martiri
aureolati barbuti e seminudi che pestavano nel fango demoni infocati con
bagliori d’apocalisse di sfondo, sulle pareti le tombe erano allineate a
mosaico, ce n’erano di grandi e di piccole, tutte portavano incise un nome ed
un’immagine ma il tempo le aveva sbiadite ed i segni apparivano come rughe
sulla faccia di un vecchio morto.
Il crocifisso era maestoso, crudele
nella sua espressione di atroce sofferenza e velatamente osceno. I genitali
protesi, gonfi sotto il manto di marmo che lo ricoprivano modellato in modo da
risaltarne ogni ombra nascosta acceso e infiammato dal fuoco delle candele
nell’atmosfera di morte emanata dalle tombe, sporgevano in avanti per l’atroce
tensione del peso.
Suor Teresa e l’infermiera sono
state per tutto il tempo a fissarlo incantate a bocca aperta, anche il prete ed
il chierico tradivano una certa emozione.
Finita la cerimonia ci siamo
trasferiti in cucina, ho bevuto un
bicchiere di vino stappando una bottiglia da quelle portate dal rosticciere con
il sacerdote e gli ho lasciato un bigliettone per la parrocchia. Per l’odore di
disinfettante che profumava la stanza il vino acuiva il gusto di medicinale e
non sono riuscito a gustarlo.
Andato il prete mi sono
soffermato a guardare il padrone del mondo beatamente addormentato abbracciato
al suo bue di cui una coscia ed un intero quarto erano già state spolpate
inseme a quattro maialini le cui ossa biancheggiavano sotto il tavolo.
Il ragionamento è iniziato subito
dopo, quando mi sono ritirato nello studio. Quei due rifilandomi il bidone hanno
innescato la causa ed ora mi sto comportando ad effetto. Il gioco è spietato, la
vera rapina in banca mi ha messo in allarme, forse controllano le mie azioni e
si comportano di conseguenza colpendo dove lascio aperto il varco. Questo è
probabile ma allora sono loro che stanno agendo ad effetto…la probabilità che
appare è atroce ma non abbastanza da impressionarmi. Venni interrotto dalla
visita di un ispettore di polizia, vestito come un bandito di strada con barba
incolta ed orecchini che accolsi nello studio e con cui svolsi un’interessante
conversazione.
Dopo aver mostrato il tesserino
iniziò col dire che era venuto in veste ufficiosa, la questura aveva ordinato
di insabbiare la faccenda ma a lui non andava giù che si potessero rapinare le banche
e nello stesso tempo prendersi gioco della polizia, che sospettava di me, lo
disse francamente e voleva sapere perché l’avevo fatto.
Recitava o era sincero? Continuò
col dire che tutto era iniziato perché qualcuno da questa casa aveva buttato
delle banconote da cinquecento euro in strada.
Gli chiesi se le aveva viste e
lui disse di no, per paura di doverle restituire nessuno si era fatto avanti.
“Allora lo crede! Qualcuno può
averne trovata una, un caso e poi sa come corrono le voci.”
A me non piace mentire ma anche
lui stava mentendo e dovevo stare al gioco.
Lo sbirro rispose: “I casi sono
troppi, le ripeto che non sono venuto come poliziotto, è…come dire…il mio
mestiere, sono appassionato e mi piace chiarire i misteri per professione.”
Intuivo che era intelligente e
che stava giocando da gatto credendo di avere di fronte un topo.
“Ha ragione a sospettarmi.” dissi,
“Lei mi è simpatico e voglio essere sincero, è stata tutta opera mia ma l’ho
fatto per contratto, d’accordo con i padroni della banca che mi hanno
commissionato il lavoro, questa è la ragione per cui il questore vi ha ordinato
di chiudere il caso.”
“Non capisco!” esclamò il
poliziotto sbalordito.
“Lei sa che sono un
pubblicitario. Vuole che le mostri le statistiche di incremento dei versamenti
dopo ogni rapina in banca? Si parla di centinaia di milioni di euro, un affare
colossale, sono certo che la rapina non deve aver fruttato molto.”
“Infatti, per sicurezza dopo la
telefonata avevano ritirato quasi tutto il contante, ma allora…lei vuole
scherzare, vuol dire che è stata tutta una messinscena? Che la banca ed il
questore sono d’accordo con i rapinatori? Questo è un mondo che…certe volte mi
chiedo cosa ci stiamo a fare noi della polizia se succedono queste cose, come
si fa a capire chi sono i veri delinquenti. Comunque non credo ad una parola, lei
si vuole prendere gioco di me, se fosse vero non me l’avrebbe mai detto, non so
proprio che fare, mi ha lasciato di sasso.”
Scambiammo ancora qualche parola
di convenienza bevendoci un cicchetto di whisky, volevo dirgli che se nel
manicomio si fossero arrestati i veri delinquenti tutte le polizie sarebbero
rimaste senza stipendio e con ogni probabilità per non morire di fame si
sarebbero messi a rubare ma mi trattenni per non confonderlo ulteriormente.
Poco dopo arrivò il rosticciere, appena
rilasciato dalla prigione. Disse subito che non sapeva se indignarsi o gettarsi
ai miei piedi, era sbalordito, il negozio aveva incassato in giornata quanto un
intera settimana, fortunatamente aveva avvertito i fornitori e chiamato suo
suocero per aiutarlo e le ordinazioni aumentavano, disse che era già in
trattative per acquistare una nuova rivendita, che lo pensava da tanto per
sistemare i figli ed era stupefatto di come avessi fatto a prevedere tutto.
Traggo un brano del suo discorso:
“io pensavo che lei volesse fare una pubblicità come quelle che si vedono in
televisione, una cosa normale, invece…lei mi ha usato, è vero, mi sento…non so
la parola…ho sempre lavorato e ho letto pochi libri ma quando andavo a scuola
ce n’era uno che mi aveva colpito, la storia di Faust, mi sono sempre chiesto
quel che avrei fatto al suo posto se il diavolo mi avesse tentato…ebbene, il
patto che ho fatto con lei mi sembra proprio…”
“Non le ho chiesto nessuna
anima.” gli dissi ridendo.
“È vero ma mi ha fatto capire
cose che non sapevo neppure che esistessero e la mia anima non è più quella di
prima.”
Siamo passati nella sala. Il
padrone del mondo continuava imperterrito a divorare il suo bue.
“Credo che presto sarà finito.”
disse il rosticciere.
“Dopo un simile pasto meglio
tenersi leggeri, per domani prepari un bel pentolone di spaghetti pomodoro e
basilico, dieci tacchini farciti di polletti arrosto, qualche forma di
formaggio misto ed una grossa torta di mele con la panna, che sia almeno venti
chili e metterei in cantiere un torello giovane per dopodomani, questa volta
farcitelo con dei cinghialetti, qualche lepre, ci metterei anche un paio di
capretti.”
A quelle parole il bidone ha
sollevato un femore del bue che stava scarnando per annuire soddisfatto ed il
rosticciere ha continuato:
“Come desidera, ho allestito un
padiglione in campagna per arrostire il bue, se non le dispiace le ruberò
l’idea, intendo aprire un ristorante per cucinare solo buoi interi, accorreranno
a frotte…”
Il resto del pomeriggio è passato
indisturbato a parte l’arrivo di un camion di medicinali con cui la suora e
l’infermiera hanno tappezzato la cucina e la cella ed ho avuto il tempo di
continuare il ragionamento.
Ora tutti dormono, davanti ho il
computer acceso sulla pagina web bianca, con la mossa di oggi sono riuscito a
guadagnare tempo ma quanto durerà? Devo a tutti i costi rintracciare i
furbacchioni che mi hanno rifilato il bidone. Tutto gira di fronte al potere
economico che governa il mondo impostando la causa prima, guarda caso lo stesso
potere che stava dietro i baffetti di Hitler, ci sono le dinamo economiche dei
Rothschild, gli impianti estrattivi dei Rockefeller e le industrie chimiche
della Bayer, nomi la cui forma giace sepolta sotto montagne di debiti che li
stanno dissanguando, legati da un unico filo conduttore che si ramifica
comprendendo tutte le attività umane. Delle tre la Bayer appare la più
importante, intuisco che ha a che fare con l’idea ebreonazista di razza eletta
ma è una cosa completamente diversa della logica hegeliana di super uomo in sé
di un super popolo, qui si tratta dei russi, il modello russo pre rivoluzione
di un amministratore tedesco ignorante e fedele su un villaggio di muzic con in
centro un ghetto ebreo a fare da dinamo di raccolta per la Rothschild e da
modello tra un pogrom e l’altro. La cellula base, il software sociale.
Vogliono la pubblicità per
tirarsi su e mi invitano ad una caccia al tesoro. Che sfida appassionante…
Rimando il ragionamento e clicco
per una nuova smazzata di bridge.
Il mattino si apre col telefono
che squilla in continuazione, ho risposto a qualche chiamata, giornalisti che
cercano l’intervista, aziende con proposte di lavoro, poi ho staccato la spina.
La sensazione di essermi infilato in un vicolo senza uscita è probabile ma
anche il contrario lo è, il labirinto è appena all’inizio.
In cucina suor Teresa è
indaffarata a contare pillole ed a pesare polverine su un bilancino, la veste
monacale bianca ed immacolata le aderisce sul corpo filiforme facendola
apparire come un lungo palo elastico di cui solo l’ovale libero del viso, pallido
ed anonimo come una sfinge, ha parvenze di vita.
“Che succede?” chiedo.
Lei sobbalza sollevando la testa
e mi guarda: “Oh, è lei…mi ha spaventata, buon giorno, preparo le medicine per
il paziente, ne ha molto bisogno, ha visto com’è vecchio poverino…”
“Dall’appetito che ha non sembra
affatto malato.”
Suor Teresa arrossisce e
continua: “Oh sì che lo è, tutti i vecchi lo sono, mi vuole insegnare? Fino a
ieri ho lavorato in ospedale, ne so quanto un medico, le medicine sono un bene
di dio, aiutano i malati a sopportare il loro calvario, per nostro signore Gesù
Cristo. Se ha bisogno, se sta male mi chieda, la farmacologia è il mio campo, posso
aiutarla.”
“Non mi piacciono le medicine, il
miglior medico è il nostro corpo e per il resto…ha letto Dostoevskij?”
“No.”
“Ivan Karamazov: a trent’anni e
giù la coppa! Questa è filosofia.”
“Non capisco…”
“Non se ne crucci. Vorrei fare
colazione, ha messo medicine da tutte le parti, dove è nascosto il caffè?”
“Il caffè non glielo consiglio, fa
male al cuore, se vuole le dò qualche goccia di veronal con il latte, anche lei
non è più tanto giovane, dovrebbe premunirsi dagli attacchi di cuore, se
vuole…”
“Nessuno medicina e vorrei che
neanche il padrone del mondo le prendesse.”
“Questo è impossibile, vuole
vedere la sua cartella clinica? Ha problemi al fegato, allo stomaco, agli
intestini, al cuore, alla milza al…se non prendesse le medicine morirebbe.”
“Come un eroinomane…”
“Non capisco.”
“Lo sa chi ha inventato
l’eroina?”
“Non la nomini, è il diavolo che
può averla inventata, lei non sa, al Cottolengo ci sono…”
“Nessun diavolo, è stata la Bayer
con i soldi che i Rothschild forniscono ai Rockefeller per pagare il fabbisogno
energetico degli stati, tutti gli artisti sono caduti nella trappola.”
“Per nostro signore Gesù Cristo, lei
mi vuole confondere…la Bayer lavora per il bene dell’umanità, non può…”
“Lei deve essere proprio una
santa…”
“Oh sì, lo dicono tutti. Comunque
il caffè e le altre cose sono nello sgabuzzino, ho sistemato tutto là, lei ha
chiesto la nostra assistenza e si è impegnato a non interferire così ho pensato
di creare un ambiente come quello da cui provengo perché altrimenti mi sarei
persa. Se vuole glielo preparo, le consiglio di metterci qualche goccia di
valium, la vedo agitato, l‘aiuterà a rilassarsi.”
“Grazie, preferisco fare da me.”
Mentre la caffettiera è sul fuoco
le chiedo: “ Le spiace aver lasciato l’ospedale per venire qui?”
“Noi abbiamo fatto il voto di
ubbidienza e non abbiamo voce in proposito. All’ospedale stavo bene, aiutare i
malati è la mia missione, farò tutto quello che posso anche qui, se il signore
mi aiuta.”
Il ragionamento continua, questa
suora l’hanno scelta tra tante ed avranno avuto i loro motivi, loro impostano
la causa e si appoggiano sull’effetto, la causa in sé è effetto ma in questo
caso spostato nel tempo, la causa prima di ieri non è oggi causa di domani. La
probabilità è un effetto fatto apparire come causa che dal passato controlla il
presente. In questo caso il presente appare come effetto ma continua a essere
causa…la figura di un burattinaio burattinato dai burattini che continua a fare
il burattinaio in una logica al contrario dove il male ha la forma del bene in
tutte le probabilità, anche in quella possibile.
Bevuto il caffè mi sento
meglio…la sensazione della montagna immensa di fronte al sassolino che la vuole
disgregare, cerco una parola migliore ma che importanza ha se le parole sono
tutte uguali? Montagna, sassolino…la logica va oltre e vola lontano ma nel
frattempo tiene i piedi a terra.
“Siamo un sogno.” le dico.
“Che sogno?”
“In questi giorni avrò molto da
fare, il padrone del mondo è un peso e se le medicine lo possono alleviare ben
vengano, se lui è d’accordo le può dare tutto quello che vuole.”
“Farò del mio meglio ma lei non
lo deve viziare troppo, tutti quei cibi sono pesanti, quello mangerebbe in
continuazione e poi…bruciori di stomaco, incontinenza, diarrea…se lei permette
ci sono cibi preconfezionati che costerebbero meno e lo soddisferebbero
ugualmente, lasci fare a me.”
“Lo deve conoscere bene.”
“Ho la cartella clinica.”
“Il padrone del mondo mi è stato
affidato e la sua responsabilità si deve limitare a tenerlo ordinato, ho un
contratto col rosticciere, lo lasci mangiare quello che vuole.”
“Bene ma poi non venga a
lamentarsi con me se starà male. Lei…anche il santo padre si è interessato, dev’essere
un uomo importante, che lavoro fa?”
“Sono un pubblicitario.”
“Vuol dire quelli che fanno la pubblicità?”
“Esattamente.”
“Dev’essere un lavoro
affascinante, da ragazza, prima di prendere i voti, guardavo sempre gli spot in
tivù e sognavo di…cosa dico? Che Gesù mi perdoni, ora…lei fa gli spot?”
“Qualcosa del genere ma su un
altro livello.”
“Io sono serva del signore e la
mia vita è missione ma non creda che sia scema, lo so che voi intellettuali
disdegnate le nostre credenze, le scritture dicono che dio apparirà agli empi e
gli aprirà gli occhi, tra noi in convento ne parliamo sempre, noi crediamo che
voi siete pecore sperdute in un mondo di illusioni e prima o poi la luce del
cristo redentore vi toccherà!”
“Come ha toccato lei.”
“Sì, mi ha proprio toccata. Il
signore è…tutto! Lui, sulla croce, amore dell’umanità…”
“Una grande superbia!”
“Cosa dice?”
Le parole mi sono sfuggite di
bocca come se fosse stato un altro a parlare, la pazzia è disarmante, la
semplicità candida come un giglio alla rugiada del mattino ma la bocca che
parla non è quel che pensa il culo e nel
manicomio la regola è universale… i suoi pensieri sono: “Chissà quanto ce l’ha
lungo, chissà se la lecca, me lo farei alla pecorina, tutta distesa…” questi
pensieri si scontrano con l’abito e tornano indietro rimbalzando in avanti con altre
tentazioni…il problema è che tutto fluisce verso il crocifisso ed il suo cazzo
innominabile, il peccato rimosso che rode dal fondo del suo animo e che in
qualche modo castra la ragione, era fondamentalmente la credenza di tutti, il
golem universale, l‘abito che ha preso corpo. È solo un’intuizione, non crediamo a nulla ed il
caso è compreso, il labirinto è costellato da tombe credenza e quel che reputiamo
senza peso può in realtà averne molto, non poteva non essere stato previsto, tutto
sta a rivoltare la causa che si crede effetto.
La suora continua: “Lei non può
parlare così, lui, il figlio di dio, si è immolato per il bene dell’umanità, è
il nostro salvatore, lei non vede l’amore, la devozione, il sacrificio, Gesù ha
gettato un ponte tra la vita eterna e l’umanità per salvarla dalle fiamme della
perdizione, non può chiamarla superbia.”
Vorrei dire che un dio che crea
gli uomini per mandarli all’inferno se non fanno i buoni è un mostro per giunta
idiota, che la causa del male è il bene ma mi trattengo, a che servirebbe? La credenza è ben radicata, è lei che parla
dalla sua bocca, un esemplare campione di una specie particolare trascendente
la natura e la ragione che il caso mi ha messo nelle mani, se voglio comunicare
devo darle corda, non è qui a caso e così chiedo: “Mi vuole convertire alla sua
causa?”
Il fanatismo le ha acceso gli
occhi che ora si muovono agitati per la stanza cercando tra le pareti e gli
scaffali di medicine qualcosa che confermi le sue parole. Risponde: “Convertire
gli increduli fa parte del nostro dovere per salvare gli uomini dal peccato in
cui vivono così come lui ci ha insegnato ma
non è obbligato a farlo, la sua luce illumina gli eletti e se non la vede ho pena per lei.”
“Brucerò all’inferno! Pregherà
per me?”
“Lei scherza, non parli così, il
diavolo potrebbe sentire, lei non conosce, non ha mai visto, al Cottolengo ci
sono casi di indemoniati, se non ci fossero le medicine…il male è ovunque e
appare dove meno se l’aspetta. Non amo parlare di queste cose, al monastero mi
hanno messo in guardia, sono sincera, hanno detto che lei usa le parole come
specchi e le fa dire quello che vuole ma l’avverto che la mia fede è così salda
che preferirei morire piuttosto che tradirla. Ora basta, cambiamo discorso, è
lei che ci ha chiamate, mi prenda come sono. Ha detto di fare il pubblicitario,
il suo deve essere un lavoro affascinante, perché non me ne parla, ho qualche
momento libero, il padrone del mondo sta facendo colazione, c’è l’infermiera
che lo assiste.”
“Poi lo andrà a raccontare alle
sue sorelle in convento?”
“Certo, noi ci diciamo sempre
tutto.”
“Anche al confessore?”
Rimane un attimo in silenzio e
riprende: “Sì, anche a lui, c’è forse qualcosa di male in quello che fa?”
“Mi piacerebbe proprio conoscere
i suoi peccati, si confessa spesso?”
“Di questo non sono tenuta a
parlare.”
“Che cosa vuole sapere della
pubblicità?”
“Che cos’è prima di tutto.”
“Un’arte molto semplice, bisogna
dar fuoco ad una cosa poi caricarla in un cannone e spararla sul bersaglio da
incendiare, più grande è il botto e più si guadagna. La pubblicità è l’anima
del commercio ma la si può vedere anche in altri modi, in politica soprattutto,
conosce la favola dell’asino e della carota?”
“Ho capito perfettamente, qualcosa
di simile alla favola del pifferaio magico che porta i topi ad affogare.”
“Esatto. Le piacciono le favole?”
“Le nostre letture si limitano
alle sacre scritture, alle vite dei santi ed all’esempio che ci hanno lasciato,
da ragazza, prima di prendere i voti, mi piaceva ascoltarle ma quando vidi per
la prima volta il crocefisso rimasi abbagliata e da allora ho dedicato la mia
vita a lui e non me ne sono più interessata.”
“Dev’essere un grande amore il
suo, ha rinunciato alla vita per consacrarsi al signore, il figlio di dio.”
“Sono entrata nella vita, lei non
può capire.”
“I pubblicitari devono essere
buoni psicologi, si tratta di far colpo per attirare le masse e queste sono
come una persona sola, ognuna con un proprio codice di comportamento ed una
mentalità e vanno tutte assecondate nei loro capricci per poterle catturare in
un’unica rete. Quello che lei dice sembra una grande superbia ma naturalmente
le mie sono solo parole e se lei crede il contrario non la voglio contraddire, la
pubblicità deve prima di tutto illuminare se stessa e la vera libertà è esente
da giudizio, ogni cosa è fenomeno, effetto e chi vede la causa non si stupisce
di nulla.”
La suora rimane qualche secondo
silenziosa accarezzando inconsciamente il crocifisso legato alla cintura e
dice: “Lei mi vuole provocare ma a questo sono abituata, con noi la gente si
comporta sempre in modo strano e noi ce la ridiamo di quello che pensano.”
“Gli parla spesso?”
“A chi?”
“A lui, il suo amore, il crocefisso.”
“Come fa a saperlo?”
È arrossita di colpo, si alza, guarda
l’ora e dice: “Ora ho da fare, mi scusi.”
Sono tornato nello studio d’umore
allegro, l’autore mi sta usando come sonda per perlustrare un mondo chiuso e
misterioso e la mia allegria è di buon auspicio. Il sistema si ripete assumendo
comportamenti all’apparenza diversi ma formalmente identici. Sto lavorando
all’interno di un computer, la terminologia è un unico software rivestito da un
hardware, un abito che lo condiziona. I furbacchioni si sono resi necessari, il
padrone del mondo non può vivere senza medicine, il sistema senza energia e le
banche senza soldi, se cadono è la guerra, il caos e questa volta non ci
saranno ricostruzioni…di che mi preoccupo? Il problema è serio, lasciamo fare
alla spontaneità, che bello essere liberi…
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